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Grazie per la vita

Mio padre aveva due bellissimi occhi verdi ed è diventato papà troppo presto: aveva solo 21 anni quando sono venuta al mondo.

Di lui so che era estremamente brillante, che sapeva vendere bene, che era molto generoso. E poi so che sapeva farsi amare molto.

Ho conosciuto mio padre attraverso gli occhi della mia famiglia, loro mi hanno raccontato chi era. Mi hanno descritto un ragazzo con molti pregi e quasi zero difetti. Anche se poi la storia mi ha insegnato che qualche difetto lo aveva. Ma nessuno ha mai pensato di parlarmene. E comunque, qualunque difetto gli andava perdonato, perché lui era speciale. Così mi hanno detto.

In quel periodo devo aver imparato a soprassedere. A non far caso a certi minuscoli difetti, perché le persone speciali vanno perdonate sempre e a prescindere. No?

So che aveva gli occhi verdi, dicevo, ed era molto innamorato di mamma. E poi di me e mio fratello.

Mi hanno raccontato che la sua troppa intelligenza è stata anche la sua rovina.

Troppa intelligenza. Come può la troppa intelligenza rovinare la vita di qualcuno?

Me lo sono chiesto a lungo. E solo oggi conosco la risposta a questa domanda.

Mi hanno descritto un ragazzo che sapeva troppo, sentiva troppo, soffriva troppo.

E io non ho fatto altro che cercare delle persone così per quasi tutta la vita. Ho pensato che non ero riuscita a guarire papà da tutto quel mal di vivere ma che magari avrei potuto riuscirci con qualcun altro.

Qualcuno che somigliasse al ragazzo che mi avevano descritto.

L’ho cercato a lungo negli sguardi e nelle parole delle persone capitate per caso nella mia vita… e si è sempre rivelata una pessima idea.

Ho trattato molte persone come se fossero lui e trovo questa cosa anche un po’ imbarazzante.

Caricare di aspettative qualcuno che non ti deve assolutamente nulla è frustrante. Molto. Credo per entrambe le parti.

Ho preteso amore, affetto, protezione. Ho richiesto un tifo sfegatato, di quelli che solo i genitori possono fare nei confronti dei figli. Solo che l’ho preteso da persone che non erano i miei genitori. E nemmeno miei amici.

Chissà quale diritto credevo di poter esercitare.

Quando andavo a scuola mi dicevano di essere brava, così avrei potuto mandare le lettere a papà per dirglielo.

E io lo facevo: ero la più brava di tutti.

Soprattutto in matematica, perché mi dicevano che papà aveva una mente matematica.

Così ho imparato a dover dimostrare di essere brava.

E se non ho qualcuno da conquistare, qualcuno a cui dimostrare quanto sono brava, non rendo affatto. Che movente deleterio. E doloroso.

Io papà l’ho vissuto poco. Ho solo una manciata di ricordi con lui perché se ne è andato quando avevo solo 6 anni.

Aveva l’età che ho io adesso quando se ne è andato. E non posso fare a meno di domandarmi se davvero ci somigliamo, come tutti dicono.

Se anche lui ha fatto cose stupide pur di ricevere un po’ di amore. Se gli piaceva ridere e se si vergognava un po’ dei suoi sogni. E dei suoi sentimenti.

Chissà se anche lui ha dovuto inventarsi una forza che non aveva quando è stato masticato e sputato dalla vita. Chissà.

Non lo so. Non ti ho conosciuto abbastanza per rispondere a tutte queste domande, ma se puoi leggermi, voglio comunque dirti grazie per avermi donato la vita. È stato un bel regalo Pà.

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