Una volta essere empatici era una virtù di pochi, e a dirla tutta penso ancora che lo sia. Empatia significa letteralmente (avverbio con suffisso “ente” +1) sentire le emozioni degli altri, sentirle sotto la pelle, farle tue per un momento.
Una zavorra da portare praticamente (avverbio con suffisso “ente”+2).
Una cosa che ti consuma, che ti logora, che ti obbliga a prenderti cura anche quando non vorresti, anche quando sei già piena dei tuoi casini, anche quando avresti bisogno tu di qualcuno che si prenda cura di te.
Ma oggi invece chiunque, CHIUNQUE si professa empatico.
“Dimmi un tuo pregio” – “Sono molto empatico”.
No zì, se fossi empatico non tratteresti le persone in questo modo, fidati.
Le conosco le persone empatiche. Le conosco perché ci vivo insieme da sempre, le conosco e so che non ci tengono ad alimentare il dolore o la confusione o la tristezza degli altri perché sanno benissimo che poi gli torna indietro.
Che se feriscono qualcuno, quella ferita la sentono loro per primi. Che se lasciano qualcuno nel dubbio, quel dubbio se lo portano a casa e lo mettono sul comodino la notte.
Le persone davvero empatiche non vanno in giro a dire quanto sono empatiche. Non lo sbandierano come un certificato di qualità, come un bollino doc. Non ne fanno il loro biglietto da visita o la loro strategia di seduzione.
Le persone davvero empatiche si riconoscono dal modo in cui ti lasciano. Dal modo in cui ti dicono le cose difficili. Dal modo in cui anche quando devono ferirti, cercano di non farti più male del necessario. Dal modo in cui anche quando se ne vanno, si assicurano che tu sappia il perché. Che tu non rimanga lì a chiederti cosa hai fatto di sbagliato, cosa avresti potuto fare di diverso.
Le persone davvero empatiche non ti ghostano. Non ti lasciano senza spiegazioni. Non ti dicono una cosa oggi e il contrario domani. Non ti fanno sentire pazzo quando invece stai solo reagendo normalmente (avverbio con suffisso “ente”+3) a comportamenti anormali.
Le persone davvero empatiche non ti usano come piano B. Non ti tengono lì in standby mentre decidono cosa fare della loro vita. Non ti danno false speranze perché sanno bene che le false speranze fanno più male della verità cruda.
Non ti feriscono e poi ti accusano di essere troppo sensibile. Non ti confondono e poi ti dicono che sei tu quello che complica tutto. Non ti manipolano e poi ti convincono che il problema sei tu che non capisci le loro intenzioni.
I finti empatici sono i peggiori. Perché si nascondono dietro una parola bellissima, una parola che dovrebbe essere sacra. Se ne appropriano senza averne diritto, la sporcano, la svuotano di significato.
Invece magari è solo qualcuno che ha imparato a usare le parole giuste, che sa quale bottoni premere, che conosce i trucchi per farsi credere diverso dagli altri.
(avverbi con suffisso “ente” solo +3)
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